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POESIE

Giuseppe Butera

I Racconti
di Giuseppe Butera



Betlemme

Era una grotta, oggi è il sottosuolo
Profondo d’una strana cattedrale
Che odora a sego di millenni. È il polo
Dove si crede sia nato il Natale.
Converge qui da tutto il mondo gente
Da secoli a vedere un buco nero
Baluginante d’ori, sia credente
Che in preda a scetticismo (od al mistero?).
Usciti dalla cripta, si va incontro
Alla realtà di tutti i giorni. Ebrei
Ed Arabi sono ad un nuovo scontro
Dove ore prima abbiam comprato bei

Regali da portare via. La Pace
È una parola che anche Dio ormai tace.

 




Kushadasi

 
Dal porto si va tutti al lungomare,

Emporio di ogni origine sospetta.

Il marciapiede, presto a brulicare

Di gente che viene, che va, che aspetta.


Non so che farmene di false marche

Reperibili ovunque. Preferisco

Saggiare la scogliera, tra le barche,

Coi piedi nudi ed in costume. Agisco


Come un vero turista rilassato:

Coi ricci colti e coi vestiti in mano,

Ancora gocciolante. Un tale a lato

Mi sgrida (in Turco? No, in Italiano!):

“Dove vai nudo, gran faccia di stagno?”.

Mi vesto sbigottito e non mi lagno.






Orvieto


Ancora sogno di vedere Orvieto

Con la facciata della cattedrale,

Germoglio quotidiano di un segreto

Trine di tufo bianco. Ma il giornale


Proprio in questo momento mi ha informato

Che un gruppo di mocciosi senza freno,

A Monte Lambro, hanno deragliato

Pieno di gente, un intero treno.


Lo sdegno si riaccende in me e l’affanno

Per come hanno taciuto il parapiglia

Successo sul Roma-Firenze, st’anno,

Su cui viaggiavo con la mia famiglia:


Sui binari, ad Orvieto, il masso inviso

Per poco non ci porta in paradiso.



 

Suez

Gerusalemme, poi dritti alla Striscia

Di Gaza, ove sui pulman mitragliati

E ridipinti, chi la passò liscia

Imbarca e sbarca: pesci inscatolati.

 
Noi, fresca l’aria e asfaltata la pista.

Ma a Ràfiah, alla dogana, tre ore intere

Pei passaporti. E poi, ché il pio autista

Finisca, solitario, le preghiere.

 
Ma infine , sul fatídico Canale

(Spettacolare, è vero), ad Ismailia,

Dopo il deserto, la voce ora assale

Di Gamal Nasser la memoria mia,

 
Che sbraitava  contro gli Inglesi rei,

Le sue ragioni, nel cinquantasei.

 




Vire a mesa

É a hora
Você viu
Você sabe
Você quer

Outros deliberaram
Outros tomaram
Outros quiseram

Agora é tua chance
De ser
De ter
De rir
De amar

É a hora
De ser você


Capovolgi il tavolo

Questa è l’ora
Tu l’hai visto
Tu lo sai
Tu lo vuoi

Altri hanno deciso
Altri hanno preso
Altri hanno voluto

Adesso è la tua occasione
Di essere
Di avere
Di ridere
Di amare

 È l’ora
Di essere te stesso






Mulher


Olhos pedra
De manancial translúcido
Afagando a negrura arredondada
Com as mãos macias do marfim
Cabelos nuvem
Da madrugada escura
Preanunciando tardes de quem sabe
Quem sabe ainda quantas lutas quantas
Boca flor
Sem jardim sem deserto
Solitária no anoitecer da pele
Ao sabor dos pensamentos
Ventos imóveis de quiçás
Abrandando a insurgência dos porquês
Corpo ilha planeta
Onde alvorecem futuros desfocados
E triunfam certeiros pores-de-sol
Solo em que brotam apetites e sonhos
Nos canteiros de luzes que cultivo
Nos territórios sem termos sem lugares
Que olhares sublimam em emoção e encanto
 

Donna

Occhi pietra
Di sorgente traslucida
Che accarezza il negrore arrotondato
Con le morbide mani dell'avorio
Capelli nuvola
Della mattinata oscura
Che preannuncia pomeriggi di chissà
Chissà quante altre lotte ancora quante
Bocca fiore
Senza giardino senza deserto
Solitaria nel crepuscolo della pelle
Al sapor dei pensamenti
Venti immobili di chissà
Che ammansiscono l'insorgere dei perché
Corpo isola pianeta
Dove albeggiano futuri sfocati
E trionfano indefettibili tramonti
Suolo in cui sbocciano appetiti e sogni
Nelle aiuole di luci che coltivo

Nei territori senza tempo senza strade
Che occhiate sublimano in emozione e incanto






Flor de cacto

 
Flor de cacto,

Qualquer brisa te fere?

Qualquer sombra te apaga?

Onde foram as cores das manhãs atônitas

Perfumadas de vento forasteiro

Forrando tuas pétalas improvisas

De cantigas reavivadas em fogueiras antigas

Reverberando tênues fulgores

Em tuas entranhas vegetais?

 

Acorda as madrugadas

Com tua voz de concertos matinais

Prometedora ainda

De muitas prolongadas vibrações

 
***************


Fior di cactus


Fior di cactus

Quale brezza ti ferisce?

Quale ombra ti spegne?

Dove sono andati i colori dei mattini attoniti

Profumati di vento forestiero

Rivestendo i tuoi petali improvvisi

Di cantilene ravvivate su falò antichi

Riverberando tenui fulgori

Nelle tue viscere vegetali?

 

Risveglia le aurore

Con la tua voce di concerti mattinieri

Che promettono ancora

Molte prolungate vibrazioni







CAMPO GRANDE

Venni
e ti raccolsi come fiore
come acqua bevvi le tue viscere

Vagabondo
rimasi
divorando i miei sogni
nell'estasi del presente celere
moltiplicando echi
nei meandri del passato
ignoto
le mie labbra di vento
schiacciate sulle tue
di pietra
Y Juca Pirama
piracema
pantanal
di asfalto
di terra vermiglia
scacchiere
di case vestite di chiari di luna
di soli nascenti
e risorgenti
fulgori
e dubbi
di domani fatidici

Stradelle amiche
poche
testimoni taciti
savi conniventi
senza voci suggerimenti
sboccano nel viale
ansante
attonito
se appena scorge il suo fascino brusco

Festa incastonata
nella macchia di vetro
che tripudia palazzi e lettere
nel fluire ondulante di via quattordici...

Non cacciar via il cavallo
il meticcio
il creolo
lo sguardo austero dell'indio
sperduto tra i petali
della rosa sbocciatagli in ventre
Le rivolate ormai
son planate altrove
dove resiste la gloria occulta
del passato deposto
e il giacare' residuale
si scalda al sole senza tempo
senza fretta
senza odio verso il cacciatore
dalla faccia di morte
dove il verde e' verde
e molti colori
e le capivaras vanno
dove?









EL SALVADOR

(Omaggio a Oscar Romero)


Mi sono dondolato tra vulcani
In amache di fibre tropicali,
In un oceano scevro di uragani,
Sfidato ho cavalloni madornali.

Mi son perduto nelle tue foreste
Rigurgitanti di fiori e gorgheggi,
La spessa nebbia in dono o nubi leste
E il sole sviscerato ai miei passeggi.

Ho visto civiltà non più segrete,
In mari di liane e, steso a terra
In una cattedrale, ho visto un prete,
Come un soldato ch'è caduto in guerra.

Lenir voleva ai miseri il dolore.
Tutta risposta, gli han spaccato il cuore.




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9 Agosto 2006
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