Circolo Culturale il Gattopardo
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POESIE
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Idea Vagante
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Risonanze Di burro e di zolfo, il tuo cielo -parentesi graffe rotonde e poi quadre- in perpendicolare su primavere oscure in ascolto nodo d’anime stringe la terra -anagramma di morti e rinascite sulla lira d’Orfeo- e fame di verde a misurare infinito. Respiri su corde pizzicate dall’estro -eufemismo la quadratura del cerchio se un amore- armonie laceranti musicate da pini e germogli nascenti dall’acque in fermento volteggiare di angeli e demoni tra solfeggi sospesi in attesa -puntinismo a squadrare il precario in ansia d’eterno- precipizi ascensioni e di ossimori ansima il viaggio tra guglie fiorite di acanto e preghiere (risuona da scogli malachite un respiro). |
D´alba riflessa
Ho chiuso la porta al mare che a cento metri infuria e chiama. Urlano cavalloni imbizzarriti la morte dell'alba ancora in pigiama, disseccate le labbra da parole stinte bevute da questa tramontana che srotola gomitoli d'ansia dentro clessidra appannata di pianto. Insonne tasto l'inclemenza della luce che deforma sogni dagli occhi bistrati e appende i suoi teoremi su fili di seta corrosi dall'uso, come la certezza di te che smuore lentamente tra le braccia vandaliche del giorno danzanti sull'acqua torbida di rena succhiata dal profondo. |
Ad abitarmi ancora Musica questo tuo essermi in silenzio rotto soltanto da lampi nella notte o dal passo molle sull'aiuola di timido pennuto corso a sanare dubbi conflitti tanti perché spariti immemori d'ogni domanda logica o d' anagramma in fiore. E se di gioia come ragnatela il tuo sorriso in scala di “do” m'avvolge ecco m'impiglio nella tela e attendo che arcobaleno splenda per dissetarci dei suoi colori in fuga nelle pupille (le mie le tue) assorte a rispecchiare la giostra ch'è la vita (solo in un soffio) “Rimani. Qui. Ad abitarmi ancora”. |
Quel che resta
(E fu sfregio permanente il silenzio di fonemi spremuti e di avanzi). Imbianca di morte parola che trema di bavagli e manette sul limite estremo di un dirsi quando scocca il momento fugace dei resti. Al mendico sì bastano briciole di pane e di tempo sotto il desco dove un cane si aggira randagio a fiutare molliche per sfamare il suo freddo randagio. Né uno scampolo soddisfa il bisogno di coprire nuda fame di cieli scheletriti di ogni parvenza di azzurri ritagliati da dardi di quel sole che di brividi muore tra colline e frastagli di mare. (Quel che resta è soltanto un fantasma in dispregio di emozioni. E distanza). |
Orma su orma
Mi chiedo perché rattoppare ricordi sdruciti dall'uso, maglie slabbrate, parole disciolte in bava di ore impigliati ghiaccioli tra siepi di nostalgie -di cristallo- oppure perché tentare di dirigere l'onda lontano da scogli d'ardesia e di tufo col cielo che sempre più basso ne divora le schegge impazzite tra ciglia di angeli e nuvole impigrite. Si sgranella il mio tempo tra venti contrari alla quiete del verde e incrostata di sale si scolpisce l'attesa di silenzi che d'azzurro vestano i passi scanditi dall'urlo di ombre affamate che orma su orma ripetano il Nome, impresso su marmo a ricordare il passaggio. |
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