Circolo Culturale il Gattopardo
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POESIE
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Giulio Sanfilippo
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I Racconti di Giulio Sanfilippo |
( Declinando a Oriente)
Dalla mia pipa traggo ingombranti spirali di fumo, mollezze di un tempo che i corpi stentano a ricordare. E per compagnia null'altro che un refolo distante -anni orsono sulle scale di qualche stazione- per contentare il rimorso, per il rame di quegli occhi che una volta – una appena - incrociarono i miei e poi nulla fu come prima, poiché sempre nulla è come prima; e ha da cantarne quell'indomito greco alla luna d'africa, intenta com'è - fin troppo- a scoraggiare pudori di vergini. Io rimiro l'universo tutto dall'ombra, mentre di domenica, la sera, poche madri scorrono leste grani di tormento. Sarà la loro memoria ad innalzare un povero salmo, l'ennesimo: un grido ultimo di tempesta e sabbie rosse, lente erosioni sulle fredde plaghe degli astri. Io le vedo. Chine e sapienti, aspergere quei terrei volti di figli, io le vedo e sono -ed io con loro- come frantumate giare d'amore. |
(Io Accuso)
Provate a misurare il peso specifico dei miei versi, provate cogli attrezzi poveri degli uomini a scavare e recidere certi nodi. L'ingranaggio signori è ben più complesso, i seminari sulla percezione sviliscono col cinismo cattedratico le tenui figure dell'immaginifico, il realismo tenebroso della poesia operaia avvizzisce e noi declamiamo le parole – fragili come il miglior cristallo-. Servite del pane piuttosto, una brocca del vino buono e del tabacco, vedrete le teologie fiorire dalla pietra più fredda, e come corolle quegli stoici testardi spalancare le fauci. Il prologo di Giovanni non lascia scampo - la dialettica redime ogni peccato -; ascoltate di nuovo il sibilo del serpente, ricordate l'albero infausto, i traditori d'ogni epoca hanno tutti le stesse facce e una uguale asimmetria dell'anima… Il Maestro ci scruta. Dalla più antica notte costruì un regno di luce, la grazia e non il sacrificio ostacolerà la morte. Dal numero perfetto all'imperfetto per eccellenza, l'uomo: - radice grovigliosa, ombra dissennata- . Chi non è capace di uccidere la propria innocenza non abbisogna di alcun perdono e non teme il giudizio; per ciò è il più grande dei peccatori… Avete visto le mie mani?
mani docili senza armi se non le unghie rotte e linee profonde fino a toccare l'odio che in esse pare scolpito e addormentato. Ho degli occhi pure, scuri impiastri da randagio, e con questi ho visto la grandezza dell'uomo, la sua ascesa al vertice e la caduta rovinosa nel computo incorruttibile del tempo: non c'è parola, solo un lesto discendere fino al fondo, e il fondo cela in sé altri fondi insondabili. Vertiginosa caduta d'angeli superbi: inferni li chiamano, maleodoranti stanze avvolte in fili di tenebra. Io sono Ulisse! Trastullo degli dei. |
Questo mattino insperato
giunge di un rosa corposo quasi senza ricordo della notte trascorsa. Una donna canta sotto un tetto di vite, ha una gonna di fiori ed un lembo di seno rosso di sole. Quest'oggi ogni preghiera sarebbe superflua. Tu sai che la luce svilisce la gloria, cosi attendi alla morte coi silenzi delle sere. Non temere, pure se la terra è nuda e nera come il corpo e l'unghie di lei io attendo il cielo, il vento che porta al sonno tra i nuvoli sparsi. Solo, tra l'erba sarò Un canto d'amore. |
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