Circolo Culturale il Gattopardo

HOME PAGE IL GATTOPARDO POESIE RACCONTI DIALETTALI CONCORSI LIBRI GLI AUTORI NEWS ARTE INFO CONTATTI LINK

RACCONTI
Giulio Sanfilippo
Le Poesie
di Giulio Sanfilippo



Trent'anni

La sede della sezione del vecchio partito comunista consiste in due piccole stanze mezzo ammuffite,un water ancora buono per pisciarci dentro, alle pareti una carta da parati anni 60, pochi quadri, tre poster del Che, uno di Berlinguer.
Otto ragazzi in tutto, qualche vecchio contadino colle unghie gialle, due professori di filosofia precari, un impiegato, un disoccupato quarantenne laureando, e una gran voglia di rompere le palle a una città intera, impegnata ad affrontare l'ennesimo autunno ed una specie di letargo che nulla ha dell'animalesco, piuttosto il sonno di una sfiorita Biancaneve ormai schiava dei nani e che ai principi non crede più.

Ho trent''anni, una renault bianca, ed un bagaglio di sogni in bianco e nero. Cogli amici gli anni 70
li abbiamo solo visti nelle foto dei compagni più vecchi, ascoltati dai racconti dei pochi rimasti a rattoppare le barricate, a ricucire le proprie storie spesso sordide ma comunque rivestite di un aura
quasi magica, troppo spesso mitica. Le università occupate, le ragazze ubriache che non portavano mai il reggiseno, le manifestazioni e gli urli, gli spari e la paura per molti di loro di non esserci, la speranza cullata fino allo sfinimento di una libertà confusamente vagheggiata, appena lambita, poi subito perduta, forse per sempre.
Noi della nostra università ricorderemo solo i mosaici di sprezzante superbia dei baroni, l'ipocrisia
dei coetanei assorbiti nell'ingranaggio, che ignorano il disastro, che non sanno ne vogliono sapere
perché ancora qualcuno non accetta d'essere arruolato nelle file di un occidente che lungi dall'essere l'apostolo della Civiltà soggioga con la forza del denaro milioni d'esseri umani. Una nuova cristologia è in agguato. Hanno spodestato Cristo dalla destra di Dio, svuotandolo dei suoi tratti più grandi, -come sempre i "buoni padri di famiglia" si avvalgono dell'indiscussa saggezza del Culto per soffocare ogni protesta, ogni voce che fuori da un coro di eunuchi cerchi di ripensare il mondo cogli strumenti altri della ragione e della giustizia -; lo hanno ridotto al buon pastore innocuo e quasi fesso, ne parlano al passato, deridono il concetto di gratuità dell'amore, volutamente interpretano quei quattro scritti timorosi come sono d'appartenere alla schiatta dei cinici e dei farisei. L'elemosine fatte stringendo il bastone, tirando le corde, pronunciando sentenze…

" dicono che per sognare meglio bisognerebbe allenarsi al sogno, ad occhi aperti magari, mentre si legge o si mangia o si scopa.", " ma che cazzo dici?", "chi paga il caffè oggi?" " ma non dovevamo incontrarci per quella manifestazione in favore di", " fa n'culo tu e quei fighetti degli animalisti", " ma sono nostri alleati" ", saranno i tuoi alleati minchione, io con chi ha più a cuore le sorti di un procione che quelle di un bambino costretto a lavorare dieci o dodici ore di fila per cucire quelle merde che loro tengono ai piedi non voglio avere nulla a che fare", "ok ok non ti scaldare", "hai mai letto Adorno?" "chi?", "lascia stare ", e tu hai mai visto le foto di Pasolini ammazzato?", no, preferisco ricordare quelle in cui sorrideva sotto braccio a qualche amico,"ma di Zapata qualcuno sa qualcosa?" "no, perché dovremmo? e dovremmo si cazzo, c'è anche l'articolo per il giornale del circolo da terminare". Lasciai la stanza che ancora discutevano sulla necessità o meno di approfondire la nostra conoscenza dei rivoluzionari messicani e della possibilità di indire chissà cosa per la ricorrenza della morte di un compagno semisconosciuto avvenuto per mano anonima – ma di anonimo negli omicidi politici non c'è mai nulla, anonime semmai sono la vigliaccheria e la rassegnazione, i boia hanno sempre un nome e un cognome, delle madri addirittura che li hanno sgravati col dolore e nel sangue, ecco, magari questa gente non ha reciso nell'incoscio quella primigenia esperienza di lacerazione e sutura, non hanno rimosso lo sgradevole odore del sangue placentare, il vischioso liquido gli grava ancora attorno al cuore, per liberarsene affondano nelle carni estranee, umiliano e stuprano, uccidono ciò a cui mai si sono rassegnati, la vita.
Torno a casa, la borgata s'è come tinta di ocra, sempre così quando l'autunno incombe; ad ogni muro un manifesto elettorale, su ogni spazio un viso ammiccante, una frase ad effetto, una promessa logora, stantia. La mia renault arranca ma non molla devo cambiare marcia dico a me stesso, e so di non riferirmi a quelle dell'auto, non si tratta di spiccare il volo, non voglio diventare un eroe o chissà chi, nessun uomo dovrebbe mai voler diventare un eroe, e poi cosa significa diventare un eroe? Farsi ammazzare come un cane o, peggio, immolarsi per difendere le ragioni di uno stato che barando promette poi di cingere ad ogni caduto il capo con dell'alloro,la banda in chiesa, i volti contratti – gli stessi dei manifesti elettorali - , le trite omelie del caso di un sedicente principe della chiesa, da un pulpito nato esclusivamente per testimoniare un altro grande caduto, il più innocente o il più colpevole- dipende dai punti di vista- senz'altro il più scomodo tra le vittime degli omicidi politici…perche questo fu la crocifissione di Cristo, il più importante omicidio politico nella storia dell'umanità.
Mi fermo al bar, un caffè e due chiacchiere magari mi serviranno per distrarmi. Ci sono stati tempi in cui trascorrevo in questo bar metà della mia giornata, gli inverni soprattutto, che da noi sanno essere miti ma sempre comunque profondamente cupi, scuri e ventosi. Sono stati giorni felici quelli, tutto aveva un odore e un gusto ben classificabile, le sigarette amarissime e i caffè bruciati, le partite interminabili e le risse all'ordine del giorno, le ragazze disponibili ma non troppo, i baci rari ma intensi, le lingue si cercavano e si trovavano anche qualche volta, ma dopo uno due giri le bocche si scollavano e le mani restavano come sospese, vittime di un incantesimo tanto antico quanto fastidioso: il mito della " brava figlia di mamma" non era intaccato all'epoca dalla concorrenza sleale del puttanesimo integrale, dall'eccedenza di disponibilità attuale.
Al bar trovo la stessa ciurma di pensionati e pensionabili che fanno gazzarra: le tasse il governo il cavaliere, la sicilianità, l'unicità dei nostri caratteri, l'identità smarrita di quest'isola che comunque rimane al palo e così discorrendo. Mi apparto e ordino un caffè, ascolto e non parlo. Non credo nella Sicilia, non credo nei siciliani. Noi non abbiamo nessuna identità peculiare da difendere, noi abbiamo solo sonno, abbiamo secoli di scudisciate sulle spalle, siamo oberati dai mari e dalle correnti; noi siciliani siamo solo onde che nascono spumeggiando e si arrestano mute sulle battigie porose; è un cammino a ritroso il nostro. Daremo per sempre le spalle all'orizzonte.
Pago il mio conto, col barista e cogli avventori con l'isola e con la politica. La vita è un saldare debiti continuo, non serve appartare le proprie anime o le intelligenze, non serve nascondersi, nella quotidianità c'è tutto il peso dell'esserci, ogni gesto ha un suo peso specifico, come ogni essere vivente la sua tara immodificabile. Certi destini incrociandosi sfuggono alla vocazione gestionale del cervello, creando solchi profondi e invalicabili; davvero Dio ci ha messo lo zampino.

Una volta un vecchio mi raccontò proprio in questo bar della sua guerra, si sussurrava che fosse stato in gioventù un partigiano, mi disse del freddo provato e della fame patita nei boschi di una regione del nord. Mi raccontò che alcuni la notte piangevano, e nessuno mai per questo li derise, mi raccontò di uomini che usavano il mitra come le zappe, che trucidarono altri uomini con la stessa determinatezza con la quale ci si soffia il naso o si caccia una mosca, mi spiegò che dall'origine del mondo ad ora nulla è poi mutato; "gli uomini sono programmati all'amore? Lascialo credere ai preti per quanto anche loro… lascialo credere alle belle coscienze, noi - e intendeva noi comunisti -, siamo fatti diversamente, e come noi tanti, crediamo ad un amore che non abbia paura del silenzio, che non necessiti di riti e complesse elucubrazioni, ma non ci illudiamo circa la natura del male. I demoni esistono ma non ne sentiremo mai lo scalpiccio degli zoccoli, semmai il tonfo degli stivali, il tintinnare delle monete, la retorica ad uso domestico di finti valori da sempre spacciati come imprescindibili doveri". Lo ascoltavo rapito e stizzito allo stesso modo, quel vecchio aveva una giacchetta di lana grossa e un volto bello, le sue mani erano curate e i suoi denti ancora forti, temevo di appassionarmi a delle bugie – solo in seguito capii che questo era ciò che avrei fatto per tutta la vita- , aspiravo le zaffate di fumo del suo toscano il cui odore mi seduceva e ben si sposava riflettei con quello forte del caffè - ancora oggi il fumo del toscano è un vizio a cui non riesco a dire no- poi un giorno mi dissero che lo "svitato" era morto. Viveva da solo in un alloggio popolare. scoprii così che era laureato in filosofia, e che l'aveva insegnata pure, per tanti anni presso un liceo del continente. Chissà cosa spinse il professore a tornare in Sicilia, chissà perché decise di raccontare la sua verità proprio a me. Cercai di ricordare una sua affermazione circa l'impossibilità di una pace duratura nell'animo umano, non vi riuscii, ma dopo tutto non era un gran male, come diceva sempre lui " primo: non rimanere mai prigioniero delle parole".

Adesso è ora di congedare questo giorno. Il fumo delle pentole nella cucina della mia casa sostituirà a dovere lo statico umidore delle sere di novembre. Poi, dopo la cena, sarà bello rileggere alcuni vecchi versi di Pavese tipo " che diremo stasera all'amico che dorme?"…Tra pochi giorni è il mio compleanno."la parola più tenue ci sale alle labbra dalla pena più atroce. Guarderemo l'amico, le sue inutili labbra che non dicono nulla, parleremo sommesso ." Poi tacere, spegnere la luce, spegnere il mondo".





Tutti i loghi, I marchi registrati di sito e le opere inviate sono proprietà dei rispettivi autori.
Ogni altro materiale pubblicato è proprietà dell'Associazione Circolo Culturale IL GATTOPARDO.
9 Agosto 2006
 IL GATTOPARDO © 2006 - 2009                                                                                                                                                                                 circoloilgattopardo@yahoo.it