Circolo Culturale il Gattopardo
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Premio di Poesia Circolo Empedocleo - Edizione 2007 | ||
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AGONIA Essere senza fallo, semidio che vivi in quel castello inargentato che di gloria toccasti gli apogei a te ora invoco pietà. Quanti innocenti all'orrenda agonia hai scelto, decidendone la sorte e quanto giusta pensi che sia una sentenza che decreta la fine? Dell'inumano varcando il confine conobbi anzitempo la carogna che ad ogni ambito sogno mette fine: che la pietà non ti sia di vergogna. Morte, poiché all'ultimo minuto non ti assalga il rimorso ormai tardivo per non aver pietà giammai avuto e non diventi rantolo il respiro: sappi ch'io ti sorveglio gioir nei prati o fra i muri di calce, come crescere il gran guarda il villano finché non sia maturo per la falce. Vai, dunque, in questa sera di primavera a spiar delle stelle il fioco lume e metti fine a quel rantolo stentato ch'udir non posso in sì vesperal dolore. Se genesi di tua distruzione è al peccato sottomessa, come al cupo rintocco d'un cuore defraudato che sia, ma che sia in fretta e, a questo capezzale di morte, sii alacremente assassina! CAFARO CARMEN - POTENZA …E IL CANE MI ASCOLTA… le parlo della penombra, di cosa succede lì dentro, di cosa accade attorno al vorticare, del nostro brusio, delle grida taciute o quelle urlate. …e il cane mi ascolta… le racconto di tutte quelle fatiche, di quante fandonie riempiono le orecchie e i nostri cuori. Bugie non solo fatte di parole ma di fatti, di gesta. Di quanto movimento facciamo, sia nel bene che nel male. Di quelle corse sfrenate che sfociano in dolori, o in mazzi di fiori portati per tempo. …e il cane mi ascolta… le dico che però, appena sopra ai nostri tetti, sopra a quello zigzagare di muri, tegole e antenne, c'è una zona di silenzio, lì sanno volare gli uccelli, le foglie e la terra alzata dal vento. …e il cane mi ascolta… continuo dicendo che più in su naviga ancora il frastuono, lì volano gli aerei, i pensieri e le preghiere. Lì tuonano i desideri non compiuti, lì scoppiano i bei fuochi d'artificio e ridiscendono le parole che navigano nell'etere rimbalzando in sofisticati satelliti. …e il cane mi ascolta… però vedi, più in su ancora c'è il puro silenzio, quello della luna, c'è il silenzio della luce del sole, tanto veloce da restare ferma, simile ai fiumi sulla terra visti da lassù. Là, a quelle altezze, pare si muovano i cherubini, i demoni mentre si riposano, lì forse passano antichi dei e valorosi guerrieri . …e il cane mi ascolta…mi osserva con le orecchie ritte e la lingua fuori, vuole un biscotto, lei tutte queste cose le conosce da tempo, muove la coda si alza corre e abbaia alla penombra del bosco. …resto in silenzio e provo ad ascoltare… CASTRENZE CALANDRA - SOMMA LOMBARDA Ninfa rossa La ninfa rossa aveva le mani di fragole e quegli occhi di menta ora ghiacciano, ora bruciano. In pochi sguardi le mani di fragole, perché rossa, ma più che mai ninfa. La fata verde rimase in silenzio, sotto l'acqua la sua pelle impallidiva. Proprio i suoi occhi... neri d'un nero contagioso di quel nero e di quegli occhi ti ammalano. Le sue piccole mani belle, dolci, antiche, come mobili appena restaurati anche ferme sono carezze. E baci. Adesso taci. Sento la sua pelle: lei è ninfa, rossa, rossa musa e se non ninfa, donna e musa. E per un attimo mia. CAPORUSSO NICHOLAS - BARI SONO SOLO UN UOMO Laus-Lave1 getti il principio nelle acque profonde per specchiarti sovrana dalle spume di un mito. Vecchio Fantasma riappari confuso sotto la sembianza di un'anomala onda deviata: trascini i tuoi semi ululati dal vento che non vuole estirpare le gioie cantate, ai morbidi visi salati… dai tanti colori… in riva al mare. Soffochi i canti notturni strimpellati dalle umide chitarre… in cerca d'amore. Trapunti come un vecchio fochista le stelle che stordite rispondono ai bagliori, nella notte cupa, dei kalashnikov ribelli: APITAURUM ID EST RAGUSIUM Arresti lo sciabordio delle acque nel cuore di Dubrovnik. Tuona l'eco dell'onda avvampata: “Chi sei!! Serbo o Croato! Uccidi! Uccidi!” Alzo lo sguardo raccolto e impietrito: “Croata è mia madre! Serbo è mio padre!” Ritorna l'agnello da immolare. “Chi seiii!! Serbo o Croato! Uccidiii! Uccidiii!” Strappo l'ultimo respiro amaro che mi trascina via…da te! …Sono solo un uomo che ama la vita e sa tenere in mano solo una chitarra sbiadita. …Sono solo un uomo che corre di terra in terra senza una patria senza più lacrime da consumare. …Sono solo un uomo che appoggia i pensieri nelle notti fredde d'estate nell'incavo d'ulivo in questa terra arsa di Sicilia: mi porta da te mamma per cantarmi l'ultima ninna nanna e scacciare la solitudine che mi accompagna. CARBONE ROSARIA - RIESI Qual è l'onda, figlio Qual è l'onda, figlio, che ti sta cullando che di carezze ti sta asciugando il viso che ti piange perduto con lacrime di madre al posto mio E se è vero che da goccia a goccia l'acqua racconta all'acqua fino al grande mare, qui, che il mare non c'è io vado alla fontana a gridare il tuo nome, perché quel nome, che piango dentro l'acqua, di goccia in goccia lontano ti raggiunga fin dentro il mare dove adesso dormi speranze senza aurora e sogni ormai di sale. Allora, nella fontana, immergo le mie mani ed il mio viso e il seno perché tu senta nell'onda il mio profumo, di questa nostra terra il vento e del mio cuore il battere e l'acqua torni indietro e da dove ora sei porti a me il tuo sorriso: l'ultimo di te che ho visto andare... ... ma dimmi dov'è quell'onda, figlio, dimmi dove. CARDILLO ANNA MARIA - ROMA ASPETTERO' Solo quando udrò il profumo delle rose salire verso il cielo per colorare di un fulgido rosso le nuvole; e le sentirò evaporare per mescolarsi con il blu profondo del mare; e chiudendo gli occhi vedrò la simbiosi di questo stupendo gioco cromatico suscitare un convulso vagito nella pioggia; che commossa provocherà un liberatorio acquazzone in grado di far germogliare un'arida distesa di terra; e nasceranno da questo sterile terreno altre oniriche rose rosse che riprenderanno ad espandere la loro soave fragranza… ebbene, solo quando accadrà tutto questo potrò specchiarmi in una rosa e vedere me stessa. CARDINALI SARA - ROMA GIARDINO Poi venne il silenzio E nella calma del vento Giaceva un paese bianco Di sepolcri Giardino d'antiche fronde Memoria D'antiche voci Che spensero le voci E l'angelo Abbandonò la mia terra. Allora al pianto dei cuori Tornerò ad amare. CARINA MARCO - MELEGNANO “La noia e l'angoscia” Al di là dei confini della terra e dell'azzurro ciel, tu fuggi lontano dalla città irreale, dai suoi miasmi per purificarti ed immergerti nelle dolci e limpide regioni dell'amore. Abbandonarsi spesso per il destino avverso nei dolori e negli affanni che gravano sotto la nebbia bianca di un'alba d'inverno, di una vita buia e nebulosa. La luna, spesso la sera, sogna con più languore e trepidazione. Quando poi il mattino si svela alla coscienza degli uomini, tanto che nei profondi e cosmici abissi della solitudine, i sogni scivolano dentro l'oblio della mente e del cuor. Nella lentezza del triste lago dell'indifferenza, mentre guardo il silenzio, il vuoto dell'essere, niente e nulla si eguaglia con l'inerzia materiale della noia, ne l'angoscia atroce riposta sul mio corpo esanime, ne la lunga e dolce armonia di una rapsodia di una notte d'inverno, ne la Speranza degli uomini e dei popoli risuona verso il cielo come uno spirito errante. Nei boschi, i tumulti e le tempeste sfidano il tempo e si odono come tamburi in un vessillo di canzoni che sovente cadono inquieti nei deserti della prepotenza degli uomini, e l'anima di uno sciagurato si percuote tra la fronte e gli occhi erranti delle nuvole della sera. Poi chè dalla voce fioca e solitaria grandi cose in me s'affollano e ingombrano il cuore, le mie passioni e le mie tristezze sono un'eterna obblivione per questa cara e travagliata esistenza, resa tale dall'ingordigia e dai defunti amori degli uomini che assumono le pose di grandi sfingi, in fondo alle solitarie ed infinite praterie del cielo e nell'aperto mar dei sommersi oceani dell'isola dimenticata. CARUSO GIUSEPPE - PATERNO' I due fratelli* Quella sera, dopo la fiumana, la riva sfaldata al gioco delle vostre corse ingenue, non siete tornati e io, di tre anni, tre giorni sulle ginocchia di mia madre abbracciato al suo dolore. Adagiati su legni di porta dalla bocca un rivolo sottile di bava, di melma gente dai casali, dai vigneti e donne e vecchie un mormorio sommesso per l'aia chi si segnava, chi portava acqua chi lenzuoli e fiori due uomini in nero dagli sguardi lunghi e io, tre giorni su quel grembo duro di singhiozzi in attesa di un risveglio come quando Rosalba e Bruno si fingevano, per gioco, morti stagioni di silenzio, di respiri grandi come il vuoto troppo lungo il gioco… non aspetto più i loro scherzi i salti con la corda mia sorella che mi spettinava quel 21 settembre piangevo per venire al fiume, avreste custodito i miei tre anni, vi avrei salvato, forse, forse avete salvato me. *In memoria di Rosalba e Bruno di 11 e 12 anni, fratelli maggiori dell'autore, annegati nel '49 sulle colline romagnole nel torrente che attraversa il terreno di proprietà della famiglia CASADEI FRANCO - CESENA “Cupido fa l'amore” Bramose le mani del vecchio Cupido, dall'organo incerto e ricurvo come il suo arco corroso dal tempo e la corda sfatta da amori a metà, sollazzano timidi gemiti (ringiovanendo il suo essere scaltro) di un fiore sbiadito da terra e da asfalto di lucciola magra con poca umiltà. Ristagna il seme del bieco attempato nel corpo fremente, riarso, gasato: Con occhi socchiusi si ciba il momento urlando al presente, scacciando il passato. Le dita che prima violente solcavano sporche colline leggere ora cercano un sobrio riparo fra tende biondiccie, pagliate e schive: Di lavaggi accurati vestite dapprima e da lerci selvaggi spogliate in un'ora. Sorride la donna e così la sua borsa pensando al domani e toccandolo ancora. Il tempo è finito e la giostra si ferma le carni bollenti si seccano al sole dell'occhio dolente di un cuore a poìs. Il vile denaro rimpiazza l'amore un mezzo sorriso compensa il dolore. La notte s'abbaglia di un nuovo ornamento riprende il suo posto una lucciola stanca Cupido avverte un altro lamento e ne cerca un'altra se il fiato non manca. CASAGRANDE PACO - ROMA ALLE POSTE UOMINI IN CODA Alle Poste uomini in coda che stretto tengono il numero con scritto il proprio turno, sul fianco l'altra mano. Gente che sbuffa pensando agl'imminenti affari, e gente in cerca d'altri sguardi a condividere l'attesa. E io. Non capace dell'altro sguardo, e d'ogni gesto obiettore. CASALI GIORGIO - FIORANO MODENESE COMPAÑEROS DE MI VIDA Abbiamo esultato per anni bevendo a lunghi sorsi la grappa forte di una fittizia libertà. Ognuno di noi ha voluto uno stato più uguale e si è illuso talvolta che bastasse allungare la mano. Abbiamo sentito i nostri vent'anni importanti e abbiamo parlato intere notti di cose più grandi di noi. Abbiamo amato donne bellissime e in ognuna abbiamo lasciato un po' di noi stessi, evitando con cura la responsabilità di dare la vita. Sotto cieli intensi di ogni paese abbiamo celebrato la nostra stagione e visto i colori del prato scaturire dai corpi come una cascata sui monti che si rompe sui sassi. Ci troviamo talvolta di sera sotto l'albero grande a fumare con rabbia e a parlare delle donne incontrate. Sul campo arato delle nostre parole si spaccano i solchi profondi d'improvvisi silenzi... e siamo d'un tratto i vecchi coglioni che piacciono tanto al potere. CASPANI GIANNI - RESCALDINA LO SGUARDO DELL'ANGELO. Forse sono così gli angeli in vita… creature dal destino segnato che ignare spargono grazia sui nostri giorni. Con lo sguardo serio, accorato, diretto, dirigono al bene i loro gesti. In fretta, molto in fretta, è poco il loro tempo con noi, qui, da spendere. Ci guarderanno poi da altrove. Noi toccati dal loro sguardo in vita, noi, per loro amore pieni di grazia. Si, sono così gli angeli in vita: pieni d'amore. Lascia una scia lucente il loro sguardo scuro: una traccia, un sentiero segnato, qualcosa d'inafferrabile. La bellezza. in noi. CASTRO STERA SERENA - TRIESTE Lo sguardo perduto (Homo homini lupus, Plauto) E' successo ancora. I lupi sono usciti dalle grotte buie ed hanno invaso le città, spargendo sangue e dolore dentro case di tufo spoglie. Hanno azzannato alla gola coloro che gridavano alla vergogna dilaniando corpi vergini come nei macelli chiassosi la vigilia di Pasqua. Altri sono arrivati dal cielo con fortezze volanti a terrorizzare col rombo cupo donne e bambini, lanciando solo bombe intelligenti. Ma il pescatore ignaro, seduto sulla riva del Tigri ad ammirare l'alba rossastra, sordo ai suoni delle sirene strazianti, non se n'è accorto. I lupi sono ritornati, come millenni fa: al posto di pelli d'animali indossano caldi vestiti con effigie dei potenti della terra e comode scarpe griffate per calpestare suoli anonimi altrui. I vecchi abbracciano i bambini non più per tramandare semi di memoria: essi non germogliano più nei campi bruciati dal napalm; li abbracciano per nascondere lo sguardo vuoto di speranza. CATALANO PIETRO - ROMA Una cabina telefonica Una cabina telefonica narra l'impaziente sbattere di sudore e voce, il pugno serrato sul manubrio di una bici tediata tra la notte e la ringhiera dal miasma di piscio e fumo, o profilo di un degrado: palpabile prodigio del mio cuore. Una cabina telefonica insegna la pazienza del silenzio l'inarrivabile gesto dove “Commozione” è dimora, necessità di confondere la vecchiaia che mi insegue, anche nell'amarti, nell'infantile ricchezza addormentata nelle cose. CATI ANDREA - BOLOGNA Suoni nella tempesta Piove forte sull'asfalto, tirato a lucido dallo sciuscià che dall'alto scende e riversa sulla terra a pari debiti, scudisci sulla pelle che s'alza e si squarcia. Schioccano come passi flamenchi su legno chiaro e tenero, gocce fluttuanti d'acqua, che si defilano appena echi tuonanti scompaiono nel nulla. Scricchiola la finestra che s'apre al mondo con i suoi rumori persi e ritrovati, i suoi colori tristi e lieti, pieni di desiderio. CAVUTI ADELMO - TERAMO SFOLLATI Sono scappato da una città dove la terra crepava Fumo e macerie E sugli alberi crescevano braccia E i morti digerivano schegge e dolori E non c'erano che pianti negli urli delle sirene. In bicicletta mio padre portava una casa E io avevo solo occhi: La mia scuola rotta e la maestra morta Sotto i pensierini cretini degli scolari Cresciuti improvvisamente, adesso. Un mondo nuovo ci veniva incontro Senza polvere di muro né schianti di sirene. Nella stalla la vacca Mora Si voltava con i suoi grandi occhi A salutarci sfollati su letti di brattee Le cimici sul muro Una polenta grande su una tavola di uomini Radicchio e salame E facce dure a far conti. Il maiale, come uomo che sa, grida Gli occhi socchiusi nella fessura del porcile Bolle l'acqua nell'attesa del coltello Il sangue s'aggruma su un grido disperato. E a sera un tedesco scappato batte alla porta Il suo cavallo è un'ombra di fumo Nella luce della fessura Nel fienile i partigiani stringono fieno in bocca Dormono insieme sonni contrari Due riposi nemici in fuga da una terra bruciata. CENTIN ALFIO - TREVISO D'ADDA ULISSE Il turbinio del vento s'infrange sulla scogliera, lo schiumare delle onde schiaffeggia la roccia. Respiri la salsedine tutt'uno con la vita come un errabondo Ulisse alla ricerca di nuovi lidi, di altre terre, di altri cieli. Peregrini curioso di nuovi saperi non approdi alla mia isola, non la terraferma, ma l'oceano ti chiama. Forse un dì, stanco di tanto navigare, canuto e segnato dal sole, le vele in disarmo, riparerai nelle placide acque di questa mia silenziosa baia, lontana da ogni tempesta, e lì, docile infine, piegherai la testa. CERRATO PAOLA - S. MAURO PASCOLI IL MIO RIFUGIO Ho imparato a nascondermi. Di me non lascio tracce. So mettermi di traverso e trattenere il respiro. M'aggiusto in poco spazio. Non gravo su appoggi o corrimani. Posso sospendermi – se necessario – e accadere più tardi. Sosto con cautela, osservo il silenzio, vigilo e veglio. E non mi faccio sorprendere: chiudo gli occhi all'occorrenza. Né ho modo di perdermi: non varco il perimetro che mi contiene. Confino con il mondo: sono il mio rifugio. CIABATTINI ELISA – BIBBIENA Pensieri veloci Pensieri veloci... troppo veloci…. riempiono la mia mente.. mentre immagini fugaci appaiono davanti a me..... e il tempo scorre inesorabile senza darmi la possibilità di capire, pensare, riflettere.. Senza permettermi di trovare spiegazioni plausibili…. ad un turbino di emozioni che si ammassano.. E tutto scorre.. tutto passa ogni cosa ha un presente che nell'istante in cui la si percepisce diventa passato e con il suo passato lascia un impronta indelebile dentro me... penso come i rapporti tra le persone possano cambiare, vuoi per il tempo che passa, vuoi per tante cose che capitano lungo il cammino. Qualche volta fa male, altre volte non ci si fa nemmeno caso, distratti dal vivere quotidiano e dai mille pensieri che invadono la mente. Ma a volte rimane come un vuoto, un segreto desiderio di ritrovare nella propria quotidianità quanto ormai è passato, cambiato. Così ci si sforza e si va avanti, le maniche rimboccate e magari con il pensiero rivolto a qualcos'altro, per non sentire quel sottile dolore che ogni tanto, la sera, torna a farsi sentire e porta con sé nostalgie e sopiti malumori. O rancori.... Certe persone ti entrano nell'anima come un raggio di Sole…. Certe persone ti lasciano ferite nell'anima come un graffio di tigre, o come lacerante dolore che ti fa compagnia un giorno dopo l'altro…….. A volte verrebbe voglia di chiudere il cuore .... CIRIGLIANO VINCENZO - CANCELLARA Specchio Specchio che transluci, specchio che traspari, ombra dentro te: “Chi sono?” Se dare un nome ha senso sappi che ho amato, ho pianto, ho vissuto e ho dato: “A chi?” …A chi non sa, …a chi non c'è, …a chi non è stato mai. Tuttora cerco dove sia il nome di quel volto che forse era mio prima di tutto, prima di te, prima di un noi sognato e agognato come spada che trafigge, macabramente affonda e gioca col mio cuore. Trovami specchio… Ne ho bisogno!!! CITTA' SANTINA - TROINA La fune del coraggio Signore, accompagnami in questo avventuroso viaggio che ho intrapreso nei quotidiani percorsi della vita. Concedi tu la forza ancora necessaria all'esile e sfilacciata fune del coraggio, che mi sostiene quando affronto l' organizzato esercito delle avversità, quando scalo le pareti scoscese del bisogno oppure mi calo nel burrone senza fondo delle difficoltà. Prendimi per mano, non lasciarmi solo con in mano i cocci dell'umana fragilità, le mie paure. Qui, dove abitiamo in condominio con il mare e il sole ci entra in casa a forza di spallate, anche il forte, pastoso rosso della terra s'è accasciato, sotto i colpi ripetuti degli ulivi. CORVAGLIA DOMENICO - ALLISTE - LE IO EMIGRANTE Primo dicembre millenovecentocinquantacinque, fa freddo all'alba sul molo di Messina. come profughi, in gruppi radunati in attesa di sfollare, mia sorella, io ed i miei genitori, con altri ad aspettare. Curioso alquanto ammiro la grande nave, dal campanil del Duomo rintoccano le ore, già mezzogiorno, s'appresta l'ora di salire. Fra urti e spinte tra la folla ansiosa la passerella raggiungemmo alfine, come in un sogno salgo sulla grandiosa nave, d'un canto sono lieto di partire d'un altro sono triste di lasciare. Addio Sicilia amata con te rimane il cuore, parenti, amici, infanzia e casolare. Colto dalla frenesia dell'avventura sognando progettavo il grande viaggio per mari immensi e sponde in terre estranee. Tornando alla realtà dal favoloso sogno vidi Messina pian piano perdersi lontana. Con vituperio d'abbandonar la terra mia natia, sentii rimorso come un traditore. Addio Sicilia, terra della mia infanzia il dolce tuo ricordo con me io porterò, tristemente penso che non ti vedrò mai più, non rivedrò più i prati, i campi, il casolare dove cresce il frumento, la terra da zappare le rocce, selve e monti, zagare in fiore, schiere di fichidindia, l'azzurro mare. La nave è salpata carica di emigranti costretti di lasciar native sponde verso una meta ignota, un mondo nuovo. Per giorni e notti solo cielo e mare, festa dell'Equatore, un eclisse solare tutto ricordo come fosse accaduto ieri, quando lasciai la patria per emigrare. COPPOLA FRANCO - AUSTRALIA |
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