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Premio di Poesia Circolo Empedocleo - Edizione 2007

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I TESTI DIALETTALI

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*E si fa sera*

Già si affaccia l'alba alla finestra
filtra il sole il suo respiro
e il mio presente al giorno affido.

È primavera.
Passata è la stagione che le membra
infredda
or che dalla porosa terra fan capolino
mammole odorose primule precoci
e dalle arbustive acacie
gialli batuffoli di morbide mimose
l'aria infiorano.

Il vento tra le fronde le sue rime
spande ed io, al micromondo
della vita avvinta,
assorbo della natura in fiore
grondanti stille di rugiadosi umori.

Eppure, in un battere di ciglia, tutto
suoni, odori, colori, sogni
brividi di cui si consuma il cielo
nel suo perenne andare,
son già “Passato”.

Si accendono i fanali,
si allungano le ombre e si fa sera.

D'AMBROSIO ROSALIA - QUARTU SANT'ELENA

"Alle Muse"

Di poesia in prosa,
di prosa in poesia,
il mio è un lungo viaggio,
dorato, senza tempo,
che guarda e ammira
i fiumi di parole,
montagne di emozioni,
il vento degli impeti,
il blu dell'infinito.
Sorseggio le acque del Sapere,
assetata,
fotografo la vita
come reporter in missione,
tocco i fiori e i frutti,
cresciuti nella mente dei poeti,
riscopro i profumi intensi e forti
del vento che ha ispirato i prosatori.
E chiedo alla Natura,
Immensa testimone delle Arti,
di donarmi un po' del lume dei più Grandi,
sì che io possa,
con parole e frasi intere,
portare aventi il viaggio
dei talenti.

D'AMMICCO STEFANIA - SETTIMO TORINESE


“ Oltre cielo e mare “

Imbruna, si fa sera.
il sole, stanco di vagare,
è andato già a dormire
dietro quel monte
in un punto lontano.
Dolce è l'aria di primavera
e noi restiamo ad ascoltare,
seduti sul pontile,
il fievole sciabordio delle onde
tenendoci per mano.
La notte giunge magica e silente
e, come per incanto,
regala al cielo un manto
tempestato di stelle lucenti.
Sembrano luminarie accese
che illuminano le strade
nelle sagre di paese
ai festeggiamenti del Patrono.
Anche un'immensa luna appare
e col suo chiarore
dona un luccichio al mare.
E in questa fiabesca atmosfera
ci baciamo con ardore
mentre spira un alito di brezza.
Seguendo l'impulso del cuore,
sempre propenso alla tenerezza,
incominciamo a volare
con le ali dell'amore
oltre il cielo, oltre il mare.

D'APRANO SALVATORE - MONTREAL - CANADA


GUERRA DI CENERE

Sii veloce
Le bandiere ed i tamburi
Possono ipnotizzarti
Pensa:
Vittime
Devi aver fede
E speranza
Non abbatterai mai i muri
Non costruirai mai il paradiso sulla Terra
E lasciali morire,
Lasciami morire
Perché lasci morire
Coloro che rinnegano
I propri sogni
Ma spero
Che un giorno
Ognuno ponga una pietra
Ognuno .
Più arde il dolore
Più stelle vi sono in cielo
Per coloro che sono e che saranno.
Ma la tua guerra è finita
Cosa ti è rimasto?
Solo cenere
Ma non c'è tempo
Per rimuovere le briciole da un letto di sogni,
Nascondere una colpa di vapore
La tua guerra è finita.

DE ARCANGELIS ALESSANDRO - NAPOLI


L'UNICA MERIDIANA DEL MIO TEMPO
"Giraffa in fiamme" di Salvador Dalì (1935-1937)


Smagrite braccia, sollevo
fogli e li ripongo nel disordine
di cassetti che fanno male, infilati
nella carne sino a cozzare ossa
quasi fossero scogli e navi.

Un'ape mi punge a sorpresa
dietro al collo e i mobili parlano
la notte: dicono cose segrete
che il giorno ignora, cantano
il sole che mi manca nelle dita
diramate in solitudine.

Io invece taccio perché di me
tu sai la luce dentro, i gesti frugali,
i vestiti a conservarti l'odore.
Tu sai il testamento che ho scritto
e che nessuno ha mai letto.
Tu sai di me ciò che basta.

E non c'è luce per vedermi le vene
della mano - sospesa a fiorire parole
e perle di fiato - ma l'indice conosce
la strada di vetro a segnare l'unica
meridiana del mio tempo.

E' al buio che ho imparato a seguirti
le tracce: cartoline di luoghi lontani
e compleanni senza auguri se non
di lunga vita; lunga abbastanza
per trovarti con i gomiti appoggiati
al tavolo, mentre mi tieni le spalle

e dici:

"tu sei l'unica terra che non conosco,
l'unico mio cassetto chiuso a chiave,
il solo indirizzo dove abitare."


DE BON LORELLA - BELLUNO


Passaggi in sordina

A fine febbraio solitario ciuffo di violette, richiesta
di asilo in vasca verde di città, lumino d'inchiosto:
lo sappiamo il gatto addormentato fra le parietarie
e io che mi fermo ai bordi delle strade per spiare.
Filo di terra in mezzo a due mattonelle esagonali,
qui hanno voluto radicarsi le viole, freddo rifugio,
e il profumo, perduto, dietro la rete che allontana.


Violetta di Parma, goccia sul polso dell'Adele,
smerli con la Singer al collo delle camicette,
tacchi alti, canzoni per dolcissime amapole.
Ben nascosto dietro rughe d'età e di sorrisi
un sogno tornato con lei dall'Argentina vuoto.
Violadele, battezzata adesso, che trafigge il vento
con la piccolezza dei petali appena ripiegati.


Solitudine, profumo fuori moda, vita di frontiera,
quante parole ad unirle in una sorte, signorine
e non ragazze, passaggi in sordina a fine febbraio

DE GREGORIO ANNA ELISA - ANCONA


Gli occhi delle donne
 
Donne
riflessi di luna
negli occhi una stella
sulla scia
di un principe
e della sua favola bella.
 
Con gli occhi delle donne
è lastricato il fondo delle strade.
 
Donne
mani di pesco
sguardo di neve
pelali sparuti
dal vento.
 
Con gli occhi delle donne
è lastricato il fondo delle strade.

Donne
voci bianche
fuori dal mondo
con lo Spirito ancora puro,
poche al di là del muro.
 
Con gli occhi delle donne
è lastricato il firmamento.
 
DE MAESTRI PAOLA MARA - COSIO VALTELLINA

FARFALLE

Posano i cuori
su farfalle
ladre di fantasie
e di colori.
Pensate da divini artisti
e da soave pennello dipinte,
d'umano ingegno
oltre la portata.

Sospese danzano
sui prati di montagna,
drogate
dal misto effluvio
di distese di fiori.
E danzano,volteggiano
sembrano delle anime
salvate dal catartico mistero.

Agli uomini sembra che dicano,
che possono sperare
se hanno fede in cuore,
da larve poi farfalle,
per sempre aleggeranno
sui campi dell'amore.

DE ROSA MARIO - MORANO CAL.

LEZIONE

Ho conosciuto la disposizione del buio
I suoi contorni alti e isolati sul ritratto
Di coloro che a cenni dicono
Ho potuto vivere
scrivono
Per ritirarsi più in basso
Del singhiozzo

Ho raccolto l'epilogo che arranca, errore
Dell'indugio, sui libri di malinconia l'uomo
Della fine ha capelli d'affresco
Incorniciano il suo viso
scrivono
Malinconico, la notte
Dell'adorazione, tace

Sulle tracce di un'antichità inaccessibile, minuscolo
Novecento che c'è fra gli uomini, allo sbaraglio
Fa silenzio delle sensazioni
Un sentimento
scrivono
Di una normalità violenta e vedova
Protegge

Molto meno dovreste sentirvi impolverati
Dalle rumorose prime immagini di cibo
Ora figli della lingua
Scomoda, accecante
scrivono
Lettere prive di destinatario
Per nessuno

Carte e filo di lana, mappe lacere del desiderio
Queste camere in delitto, colpa d'arte alla deriva
Descrive nelle stagioni vive, l'enormità
Che assorta, sbircia
scrivono
A chi rileggerò questa lezione
Chiedo

DE ROSE ANTONIO - MORANO CAL.


VENERE DELLE QUERCE

Tu che vesti i tuoi seni di neri capelli,
che serbi nei fianchi il segreto di Afrodite,
che affascini e incanti con lo sguardo,
e delle labbra fai nobile arma.

Venere dei noci e
delle querce spoglie,
luce tra i rami nudi.
Dea dell'amore
tra i mirti
glabri e lucidi.

Tu che celi nel grembo
il tesoro della vita,
nell'oscurità compari
dipinta di luce.

Svelami il dolce
segreto dell'amore,
sussurrami soavi parole
cullate dal vento.

DE SANTIS FRANCESCO - BARI


ARRESA ALL'EVIDENZA
 
Nei sogni rivivevo i momenti più belli,
mentre solcavo i tuoi capelli
ricciuti e ribelli.
Ma ricordo bene quel dì
in cui un presentimento mi assalì,
così ti strinsi più ardentemente
e tu ingannato fosti accondiscendente.
Lontani, i giorni divennero mesi
ed i nostri contatti si fecero rari e tesi.
Poi giunse un tragico telegramma
ed io penetrai in quel dramma.
Chissà se laggiù dove stai relegato
il mio amore ti ha raggiunto e riscaldato!
Chissà se il mio cuore ti ha parlato
svelando quanto mi sei mancato!
Non voglio credere che tu mi abbia lasciato
e continuo tenacemente a sognarti liberato.
I giornalisti m'inseguono ancora
per conoscere nuove ogni ora
e proprio ieri mi hanno comunicato
che ogni dubbio è ormai fugato.
Non voglio credere che ti abbiano trovato
immobile su di un prato,
perché al mondo ancora tanto volevi dare
e nessuna forza ti avrebbe potuto fermare.
Poi mi arresi ai comunicati ufficiali
che raccontavano una storia senza eguali
e fu così che scoprii nel mio cuore
un sentimento profondo che ancor non muore.

DELLE DONNE SIMONETTA - MODENA

Vite

Esalano suoni gravi
le vite che conduciamo,
grevi movimenti di navi alla deriva;
 
all'orizzonte
il volo polveroso della farfalla,
appesantita dalle antiquate battaglie.
 
DELL'OLIO FRANCESCO - RAVENNA


A trattenere a morsi la tua idea
 
Se non culla sul mio seno
o porto sul mio ventre
occhi nelle mani che scivolano
d'amore ai primi sussurri
nell'orecchio di un t'amo disperato
 
Se non carezza che si fa pelle
e voce che si fa bocca
 
dimmelo
dimmelo amore che cos'è
se non l'attesa di un tuo sguardo
 
- così in controluce di pensieri
persino la tua ombra si disperde
e rimango a trattenere a morsi
la tua idea.
 
Nel silenzio
indicibili amori.
 
DI GIUSEPPE NUCCIA - MAZARA DEL VALLO - TP

Ricordi 

Ricordo i castighi dell'infanzia
i punti a croce sulla pelle
il cappello e il cilindro di mio padre
le sue stupide sorprese
(all'improvviso, s'eclissava).

C'era, c'erano il porto delle navi finlandesi
le onde e le grida dei gabbiani
l'ixy kaxi kolmi* che mia nonna ripeteva
come l'inizio di una preghiera:
e la smorfia dell'acquirente che si arrendeva.

C'era il ricordo e l'amore per la danza tribale
degli emigranti italiani, l'ebbrezza,
la mia curiosità e differenza
il questionare sulle sottrazioni necessarie
lo smarrimento sulle piume dei pappagalli che brulicava

e all'ombra c'era  la flebile luce dell'ingenuità
la piccola guerriera
che senza patria e senza esercito
conquistare il mondo voleva

voleva

perché c'erano tante cose c'erano
che scorrevano inevase sul pollice che succhiavo
come fosse lecca lecca
la magra consolazione da consumare

quel pollice che si inumidisce ancora
quando ricordo

quando ricordo
che c'era una carrozzina con ruote troppo grandi
perché potessi arrivare a vedere la bambina
che spariva per ritornare gatto da accarezzare

Ricordi, che non ricordo

quando il miele cola a sera
e mio padre che bacia mia madre
e fui testimone alle sue nozze con l'africano
(ché solo io sapevo dell'Africa e del suo nero,
me lo dissero i livori del suo cielo siciliano)


e poi il silenzio
...

il nulla
...
e di nuovo il ricordo

miserere pietas et alleluja
eterne giornate a coltivare
fior di zucca e di speranze

e c'erano una chiesa due chiese cento chiese
e la cattedrale c'era
che aveva una bocca troppo grande
per il mio piccolo deserto breve
viole e violette che fioccavano a rovescio
dal cielo

e c'era, qualche volta succedeva,
che pioveva.

*uno, due, tre
in lingua finlandese.

DI LORENZO CARMEN - ROMA

Aspetta Che Rincasa Tuo Padre

"Aspetta che rincasa tuo padre"
una frase da fare paura
da incutere terrore
e cosi speravo che
il giorno non finisse mai
che non tornasse mai a casa.
Spesso arrivava stanco ed esausto
talmente esausto da non elargire una carezza,
un bacio; una qualsiasi dolcezza.
E il tempo vola!
Quel ponte che ci divideva
si allungava a vista d'occhio
ed il muro dell'incomprensione
si faceva sempre piu spesso.
Dopo ci ha sopraffatto l'indifferenza
due uomini consanguigni
ma cosi distanti nella vita.
Mai da avere qualcosa da scambiare.
Tu il Signore, io il servo.

Spesse volte avrei voluto
gettarti le braccia al collo;
mi sarei sentito cosi felice!
Ma per te questo
non era comportamento da uomini
e molte cose sono state tralasciate;
non dette!
 
Ah madri,
non minacciate cosi
i vostri figli
lasciate che il loro padre
gli faccia da orsacchiotto
da leone nella tana che
gioca con i suoi cuccioli
da aquila che insegna
ai suoi piccoli a spiccare
il primo volo.
 
Mi hanno chiamato dall'ospizio stamattina
e mi e' stato detto che ti sei comportato male
e che ti hanno detto: "aspetti che arrivi Suo figlio"!
Ebbene eccomi,
quel tuo sguardo impaurito
quella tua disperazione in volto
a me sono molto comuni.
Vieni qui non aver paura
appoggia la tua chioma bianca
sulla mia spalla
chissa' forse attraverso la confusione
che regna nella tua testa
possiamo ancora dirci tutte quelle cose
che non sono state dette prima.
"Ti voglio bene papa' "!
Anche se e' difficile pronunciarle
ecco,  finalmente le ho dette.
Spero e mi auguro solamente
che le avrai capite.
 
DI PIETRO ANTONY - NEW YORK


"Irrobustito troverà sorgiva"

I

Rema stento e è vetta mare a riva;            
l'arida aria, smarrisce marci grani              
marci ai piedi di pietra; buco a lato,               
buco incolore quell'acqua che manca:            

ma vivo; gambe sulla riva bianca             
di sale sole e crini radi; il fiato                  
l'anche, smunti a reggere 'l tronco: mani     
sanno di poco corpo; al collo arriva                  

vena violata lunga; il viso svelle                   
pelo bronzino; le labbra: lamelle                       

riarse: tempie incavate occhiciglia:                 
-presa nella pancia la morte figlia-:         

misuratala la vista s'incomoda                     
scorgendo astuto di sagoma comoda                  

II

che fionda, blocca, da svelto s'accomoda          
le granfie, poi tardandosi raccomoda                

non è fame risfila s'assottiglia;                     
male l'essere quella strada piglia              

mezzi denti verso le carnicelle                   
verso di sangue per le vene snelle,                 

rasente terra sente la saliva                          
scende buio d'odori lunghi piani              
sa come buio scende piano arato;                     
senza, senza forzare viso, sfianca                 

trabocca, là, nell'interiora manca                  
cavando avidamente, di filato,                     
riavendosi imbrattandosi a brani:             
si legano, un ossetto fa da piva                  


III

straccia di denti sentendola viva;           
stira tenendo 'l capo, l'arti sani,          
gli occhi dischiude di rosso ramato           
ascoltandola l'ellisse che sbranca:         

musica d'una sera scura, bianca;             
nelle viscere crude novo nato                 
d'un gioco vivido di forze immani             
trascina cibo a una pianta lasciva       

largo s'appoggia svanendo storielle.       
Alba ridesta le carni animelle,              

occhi coglie fessure nella ciglia;            
nella bocca d'insetti gozzoviglia

ancora, con la rabbia; ma calmo, scomoda       
la carne, svanisce da legna scomoda.       

IV

Viene lesta piovana fin che comoda          
sveglia l'essere: lascia terra comoda:  

busto ginocchia piano si sgroviglia
dritto sulle gambe acqua meraviglia

forte dall'alto: le mani palelle                    
sui peli del viso labbra di felle:              

secca di sangue forza rediviva               
cola, lasciando che schiena risani;         
sbarcando nel primigenio cordato          
fisico conserva ma senno arranca                 

è la buona sorte ospite l'abbranca:              
con altre zampe pasto lavorato              
acqua ferma verdi fogli mediani:      
"irrobustito troverà sorgiva."                 
 
DI SOMMA SALVATORE - SCAFATI








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9 Agosto 2006
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