Circolo Culturale il Gattopardo
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POESIE
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Fortuna Della Porta
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I Racconti di Fortuna Della Porta |
inedito
Mare amaro
la brezza mi gira intorno Mare greco Sul mare greco al riparo del
porto Le rotte del Mediterraneo
Mare inquinato
I confini del mare
Mare malato
Mare perduto
Sconoscenze
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Intrisa
Amore, ti ricordi quando cademmo nei giorni e nelle mutue parole e l'impronta della luna capriolando colse gli occhi opalescenti sulle tue cosce vitree E il grillo che si sgolava a perdifiato, la lucciola concentrica e bighellona le strade senza peso gli spazi conclusi nei nostri perfettissimi piedi e il vortice del sangue nel suo serpente di rosa i sensi scoppiati dal soma le cascate di tutte le luci la nostra intangibilità e il sincrono volo proteso a sfida e onnipotenza. Amore, ti ricordi quando si persero i giorni come s'ammutò parola. da Io Confesso, Lepisma ed. 2006 |
D'amore e di sensi … io ti contavo le mandorle dei denti
dischiuse su prati di parole e la menta degli occhi la vaniglia delle mani mentre ballavo l'età dell'amore: io e te al tempo della zolla che riga il gelo quando la gemma apre il ramo che la porta attraversammo solerti e insonni il voto dell'oracolo e la linea del confine. Così il mio fiato, la mia vita uscita da se stessa e viva di altro sangue di altra stregoneria, imparò a librarsi dove titani alati sorreggono la seta degli amanti: io e te disfatti allora in musica, in colori -aria, fantasmi, sogni- acquietammo i cieli turbinosi e l'acqua recalcitrante del nostro speziato fiume e gli argini cedevano e le dighe ribollivano sotto le reciproche dita che posero in altro ordine il mondo: io e te coi sensi desti ma invero inconsapevoli ripiegati, bruciati, infine consumati nel cuore di ogni notte –tutte le notti- fummo ad un passo dall'eternità -vento, afa, tramonto, sisma impetuoso, come ci mutammo, cuore mio?- Prima della fine, prima di cadere, orgogliosi, onnipotenti, del tutto ciechi ci abbagliammo di piegare la sorte. Sfogliami come un fiore,
Scroscia il mondo dentro di
me.
Anche un baco che lucida il suo filo di seta, un marinaio girovago su mari infidi o sonnolenti. Attraverso la sfera di fuoco di ogni respiro animale che ansima e, mio coevo di sangue, mio amore, mi emoziono occupando la stessa zattera intrappolata in una scacchiera di scogli ove da criniere e fessure i gabbiani ci scrutano, all'oscuro che la propria innocenza vale la tregua. Io e te tracciamo la rotta solo per fare qualcosa senza guardarci negli occhi:non reggeremmo alla finzione. Sappiamo dai colori del cielo dell'uragano che si approssima ma non immaginavo una così grande malinconia. Il mio cuore però ha dita multiple per reggerti e un sonno solo accennato per raccogliere ai tuoi piedi l'ululato atterrito unanime quando si spaccherà il mare e Nettuno –o Satana?- avrà la meglio. A quel punto anche Acheronte avrà qualcosa da mostrare: il luogo dove ci si perde, probabilmente. Troppo blando chiamarlo sonno. Lo chiamo nulla. Lo chiamo vuoto assoluto. Lo chiamo quello che è: inconsistenza. Lo chiamo morte…morte. Lo chiamo…. da Io Confesso, Lepisma ed. 2006
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