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Antonio Liotta

Poesie

Perché la vita

Giulio Sanfilippo
Poesie

La coscienza dell'Iride

Alessandra Libutti
Romanzo
THOMAS JAY
Finalista al Premio
Italo Calvino
edizione 2002

Salvatore Passarella

Racconti

Un uomo a spasso con la rabbia

Marcella Agrò

Poesie

Coriandoli d'Amore

Antonio Liotta

Sperimentazione
Linguistico-poetica
token battericida
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di sintesi originale

Alessandra Libutti

Racconti

Come i Faraoni

Mario Ricotta

La mia Santità

Progetto Cultura 2003

Alessandra Libutti

Romanzo

IL NAUFRAGO


Vittorio Trentini
TRA DUE TERRE
Cento anni di una famiglia marinara
Romanzo - Storico
Collaborazione di
Giuseppe Todaro
Prefazione

di Andrea Camilleri



Devo confessare la mia assoluta incapacità di vedere, nel suo complesso, il grande affresco della Storia. Mi è sempre parso un disegno demenziale, concepito dal personaggio ebete de “L'urlo e il furore” di Paulkner. E di conseguenza ho sempre ritenuto che il detto “historia magistra vitae” fosse una solenne baggianata: non insegna niente a nessuno, la Storia, altrimenti dopo la guerra di Troia non ci sarebbero state più guerre.

La Stona non è altro che il diario di bordo del percorso dell'umanità e non può perciò fare altro che registrare questo accidentato cammino fatto tutto d'ombre e di rare, scarsissime luci.Riesco invece a vedere, e bene, le singole tessere del mosaico, i dettagli, i particolari, vale a dire le storie minimali di un paese, di una famiglia, di un uomo.Per ricorrere a una metafora di Sciascia, dell'albero della Storia vedo solo le foglie, non i rami, non il tronco, non le radici.

Ed è per questo che ho letto con molto interesse il volumetto di Vittorio Trentini, intitolato “Tra due terre”, che è la storia di cento anni di una famiglia marinara, i Todaro. Il libro narra le alterne vicende della famiglia: i Todaro riescono ad acquistare delle paranze, poi le perdono per una serie di eventi sfortunati, ma essi sono pronti a ricominciare da capo, affrontano le difficoltà con fermezza d'animo e coraggio.

Pare, in certe pagine, di leggere la cronaca di una realtà che il Verga avreb­be poi innalzate a grandissimo livello d'arte. In sostanza si tratta del racconto di una famiglia di marinai onesti e laboriosi, di quella razza di lavoratori che costituiscono la forza, la spina dorsale di un paese. Come, per nostra fortuna, ce ne sono state, e ce ne sono, tantissime altre. Ma all'interno del libro di Trentini c'è un vero e proprio enigma. Perché in questa famiglia dalla condot­ta limpida e lineare, nasce nel 1919, e mi scuso se faccio ricorso a un abusatissimo modo di dire, la classica “pecora nera”.
La vicenda umana di Placido Todaro, dalla sua nascita fino alla tragica e misteriosa fine, è narrata da Trentini in modo esemplare e, soprattutto, documenti alla mano. Una superficialissima lettura ci porterebbe alla conclusione che Placido, insofferente del suo Stato, si sia spacciato per ufficiale di marina per ottenere successi amorosi e piccoli benefici. Non un truffatore ma un mistificatore. Ma le cose stanno realmente cosi?

In parte, si. Ma egli, a un certo momento compie un gesto che indubbiamente riscatta l'impostura. Ne! 1944, internato dai tedeschi nel campo di concentramento di Fossoli, per uscirne Si arruolò tra le famigerate “Brigate nere”,

pur non essendo di fede fascista. A Fossoli aveva conosciuto Luciano Luppi e i due erano diventati amici. Spesso Placido andava a trovare la famiglia Luppi a Soliera che distava una ventina di chilometri da Castelfranco Emilia dove c'era il comando della brigata alla quale apparteneva. Ma nel tragitto si spogliava della divisa fascista e indossava i falsi panni di ufficiale di marina. Un giorno i tedeschi catturarono un fratello di Luciano Luppi, Azor, reniten­te alla leva, e un suo amico e li portarono all'Accademia militare di Modena. Informato del fatto dai disperati familiari, Placido indossò la divisa di ufficiale di marina con tutte le finte decorazioni e, d'autorità, rischiando la pelle, si fece consegnare i due prigionieri che poi accompagnò nelle loro case. Probabilmente Ia sua tragica fine (venne ucciso da due sconosciuti) poco tempo dopo non è stata che Ia vendetta di coloro che erano stati da lui beffati. Mi torna vivissimo alla mente un libro di Indro Montanelli, dal quale poi De Sica trasse un bel film. Si intitola: ”II Generale Della Rovere”. E' la storia di un mistificatore che si spaccia per generale. Arrestato dai tedeschi che lo credono un vero, importante militare, non rivela la sua identità per non deludere i suoi compagni di prigionia ai quali ha saputo dare, con le sue parole, conforto, dignità, orgoglio. E muore da eroe, da vero generale, davanti al plotone di esecuzione.


Prof. Andrea Camilleri









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9 Agosto 2006
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